Recensione: ‘Na scarpa e ‘Na ciavatta di Cicalone, il suo nuovo album

E’ un personaggio fittizio, di fantasia, che in cuor suo nutre la velleità di entrare a far parte dell’immaginario collettivo della commedia del’arte, magari accanto a Rugantino: stiamo parlando di Cicalone, disponibile con il suo album “‘Na scarpa e ‘na ciavatta” che riprende la tradizione della canzone romanesca e quindi cantato in romanesco…ma non solo, e vi spiegheremo poi il perchè.

11 tracce in cui il fil rouge è l’amore nelle sue diverse sfaccettature. Come detto, pezzi che possono essere ricollocati nella tradizione musicale romana ovviamente, ma che all’interno ci fanno ritrovare, qua e là, anche elementi più moderni, oltre a swing, reggae, qualche venatura jazzsitica e sudamericana. Non parliamo certo, dello stile ad esempio di Alessandro Mannarino: Cicalone è molto più tradizionale e popolare (non nel senso di Pop) sia nella scrittura dei testi che nella musica, ma certo non meno interessante per chi ama il genere o chi vuole riscoprire dei sapori ormai, purtroppo, perduti. Un disco quindi, tutto sommato inaspettato in un 2022 del genere, ma bella sorpresa per chi sa che tanto dobbiamo a quella tradizione popolare, romana ma non solo, che ha dato le basi per molto.

Cicalone è un ragazzo che ha voglia di cantare e lo fa a pieni polmoni. Si fa portavoce anche di quelli che di cantare ne sentirebbero il bisogno ma non lo fanno, magari per vergogna. ‘Na scarpa e ‘na ciavatta è anche un disco “altruista” in questo senso, poichè l’artista riesce a trasmetterci appieno la gioia della musica.

Ma andiamo ora più nel dettagio dei brani:

L’Amore va l’amore vie fa da apripista. Un pezzo tra lo swingato ed un tango, ma con influenze anche popolari del sud Italia, che corre molto e che di Romano ha solo la lingua, in cui il protagonista è alla continua (forse disperata) della sua donna. Ruolo importante del brano, come spesso accadrà, è quello della fisarmonica.

L’Artalena è un pezzo (presente anche nella nostra playlist Spotify) più vicino, rispetto al precedente, alla tradizione popolare, sempre dedicato ad una presunta lei un pò crudele.

De sti tempi è un brano tra lo swing ed il jazz, un pezzo che sorprende e che parla di attualità. Ovviamente Cicalone lo fa a modo suo, rendendolo ricco anche di poesia. Un bel ruolo nella composizione lo detiene il pianoforte. Un pezzo che a tratti ci fa venire in mente Cammariere.

Le voci della gente torna a seguire lo stile più tradizionale con improvvisi e piacevoli cambi di ritmo, mentre “Lo sai” è più una ballata d’amore dove si mixano bene piano e fisarmonica.

La pietà è una canzone molto interessante che non va vista solo sotto il punta di vista della musica Romanesca: presenta diverse influenze all’interno, in questo caso anche un pò pop. Uno dei testi che ci è piaciuto di più. Me piaci tanto (mi amor) riprende a tratti le influenze de “La pietà”, anche se più vicina, a tratti palesemente, alla canzone romana tradizionale.

Sei proprio bella riporta lo swing sotto le nostre orecchie. N’freve pe te invece ha ci sorprende con un ritornello cantato in napoletano (e qui ci ricolleghiamo al diverso uso delle lingue accennato ad inizio articolo).

Si passa ora per la title track dove ci piace molto l’effettistica usata sulla voce, che dopo 10 tracce “pulite” non ti aspetteresti proprio. Bella sorpresa!

Chiude il disco Er canto de ‘na cicala che usando molto la metafora , è probabilmente un pezzo autobiografico che Cicalone dedica a se stesso ed il suo percorso artistico.

Concludiamo la recensione con un giudizio sicuramente positivo di questo album che può piacere ad amanti di diversi generi, e non solo a chi vuole ascoltare un certo tipo di musica “popolare”. Chitarra, pianoforte, contrabasso e fisarmonica sono stati usti e mixati l punto giusto, donandoci un disco anche dall’ottima produzione.

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