Intervista a Vinnie per il suo nuovo singolo “Camera 7”, una stanza per la porta dei ricordi

Vinnie arriva su Fuori La Scatola per questa nuova intervista. Benvenuto e complimenti per il tuo nuovo singolo! Ci racconti come è nata “Camera 7”? C’è qualcosa di autobiografico?

Ciao! Grazie mille per i complimenti, “Camera 7” nasce dall’esigenza di sviscerare un evento passato che mi ha particolarmente segnato. Di conseguenza è chiaramente un brano autobiografico e molto intimo, anche se poi ho voluto cercare di renderlo il più possibile aperto alle interpretazioni, di modo che chiunque potesse immedesimarsi nel testo. Per lo stesso motivo, anche se la nascita di “Camera 7” è legata ad un momento difficile, ho comunque mantenuto un flow molto morbido nel sound. Il mio obiettivo è sempre cercare di far sentire bene chi mi ascolta.

Potresti descrivere “Camera 7” con un solo aggettivo? Quale e perché proprio quello?

Utilizzerei l’aggettivo universale, perché, come dicevo, nonostante nasca da una mia esperienza, credo che ogni ascoltatore possa ritrovare in “Camera 7” una parte della propria vita. Ognuno ha una stanza mentale dove si rifugia quando le cose non vanno, ognuno sa che entrarci è un rischio perché quel rifugio può facilmente trasformarsi in un limbo che ci intrappola. Ma non c’è altra scelta: dobbiamo trovare quella stanza ed aprire ugualmente la porta, perché affrontarla è l’unico modo che abbiamo per elaborare quello che ci è successo e voltare davvero pagina. A me è servito, e soprattutto mi è servito farlo attraverso un brano all’apparenza semplice, con delle vibes molto accattivanti e che si lascia ascoltare.

Un gioco che ci piace fare: se dovessi spiegare la canzone a dei bambini delle elementari, cosa gli racconteresti?

Racconterei che per me “Camera 7” è un po’ come la loro stanzetta quando tornano a casa da scuola: è un rifugio, un posto di svago e tranquillità, ma anche quel luogo che si vorrebbe abbandonare il prima possibile per scoprire cosa c’è all’esterno, dove si vivono le vere avventure.

Il brano unisce soul e r ‘n b a trap e correnti e modi di esprimersi molto moderni. Anche vocalmente sei interessante. Ti va di raccontare ai nostri lettori quali sono stati i tuoi inizi nella musica?

Grazie dei complimenti! Beh, che dire, la musica ha fatto parte della mia vita da sempre, da quando miamamma metteva le cuffie appoggiate al pancione per farmi ascoltare Aretha Franklin. Nel corso della mia infanzia ho frequentato diversi corsi di musica ma ogni volta dicevano che non fossi portato e che avrei dovuto fare altro. Fra gli 8 e i 10 anni ho cominciato a studiare pianoforte con il Maestro Diego Spitaleri, che mi ha fatto innamorare del jazz e del blues, e non smetterò mai di ringraziarlo per questo. Ho capito da subito che il piano sarebbe stato il mio compagno per sempre, ma mi ci è voluto il primo lockdown nel 2020 per capire che la musica sarebbe stata davvero la mia strada e la mia vita.

In quel periodo ho cominciato a scrivere i miei brani. Più componevo, meglio stavo, più aumentava la consapevolezza che fosse proprio la mia musica a farmi sentire vivo. Per questo, appena è stato possibile, sono andato a registare alla MIND, ed il team dell’etichetta mi ha notato e proposto di collaborare. Così è iniziato il mio percorso, anche se continuo a studiare alla Siena Jazz University per migliorare sempre di più.

Dei generi citati sopra, quale sono gli artisti che ti hanno maggiormente influenzato nella tua crescita artistica?

Senza ombra di dubbio D’Angelo, Bruno Mars, Anderson Paak ed Erikah Badu. All’inizio, ascoltavo tantissimo Frah Quintale o Franco 126, ma devo dire che ormai i miei gusti sono un po’ virati. Oggi mi piace unire gli opposti, quando mi approccio ad un nuovo brano cerco sempre di mantenermi in equilibrio fra la sfacciataggine dei testi, tipica della mia generazione, e l’attenzione per la composizione, che ho assorbito dagli studi. Spero di riuscirci.

Come sempre lasciamo l’ultimo spazio dell’intervista al nostro ospite. Puoi ora lanciare un tuo messaggio o rispondere alla domanda che avresti voluto ma non ti è stata fatta!

Innanzitutto grazie dello spazio che mi avete dato, è stato un piacere chiacchierare con voi. Poi, che dire…

Forse lancerei un messaggio ai miei coetanei e coetanee: testa bassa e pedalare verso l’obbiettivo. La strada non è sempre in discesa, anzi non lo è mai, ma prima o poi con la giusta costanza i risultati arrivano.

Nella vita, come nella musica.

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