Intervista: Sta per uscire il suo nuovo album e Alessandro Fedrigo ci racconta il suo essere “Mutaforma”

É in uscita venerdì 1 dicembre 2023 il nuovo album del poliedrico compositore e musicista Alessandro Fedrigo, un nuovo capitolo dal titolo “Mutaforma” è già anticipato dal singolo “Elegia“. Il disco, pubblicato per l’etichetta Record Y, che suonava come una preghiera, di una confessione o di una meditazione. Improvvisando, Alessandro ha inventato alcune semplici melodie, squassate da un un ambiente elettronico inquietante.

Mutaforma” invece rispecchia il modo di Alessandro Fedrigo di immaginare la musica, in continuo cambiamento, in questo disco ha infatti attraversato alcuni nuovi scenari con un basso dal suono cangiante, mutevole.

Noi lo abbiamo intervistato a riguardo!

Scrivono che questo disco rispecchia il tuo modo di vedere la musica. In che senso, secondo te?

E’ una sorta di diario sonoro, dove raccolgo riflessioni, suoni che mi incuriosiscono, che suscitano in me stupore, e dentro ci sono alcune riflessioni più concrete su elementi sonori che esploro da tempo. Ho potuto lavorare in modo molto libero, in solitudine e spesso di notte, o al mattino presto. Non so se sia una lavoro valido o interessante, c’è dentro quello che sono nel bene e nel male.

Che fascino ha avuto su di te il basso, tanto da sceglierlo come strumento? Ci racconti com’è andata?

A metà degli anni ottanta vidi in televisione un concerto di Miles Davis, al basso c’era Darryl Jones, da lì partì la mia esplorazione del jazz, della musica creativa e del basso elettrico. Mi affascina il suono di questo strumento, in particolare del basso fretless, in tutte le sue declinazioni: acustica, elettrica ed elettronica.

Quanto è importante l’attività live oggi, tra le tue attività musicali? E come Alessandro Fedrigo riesci ad esibirti? È vero che diventato più difficile suonare da dopo il Covid?

E’ difficile suonare dal vivo, ci sono molti musicisti molto bravi, ci sono pochi spazi dove fare musica. La burocrazia rende tutto più complicato, il gesto semplice di suonare davanti ad alcune persone mette in moto tutta una serie di normative (sicurezza, diritto d’autore, previdenza) che rendono complicato diffondere la propria creatività dal vivo. Il covid ha peggiorato le cose. 

Musicalmente parlando, che cos’hanno in comune Roma e Berlino?

Poco secondo me, sono scene molto diverse, ma io non frequento ne Roma ne Berlino. 

Un consiglio a chi vorrebbe vivere di musica?

Prepararsi a combattere duramente, ad essere soli e a sentirsi poco compresi. Informarsi bene su quali siano le regole del gioco, intendo le normative: diritti e doveri. Cercare di essere aperti verso il nuovo, e non temere di perdere le proprie certezze.