Recensione: ‘Pinacoteca dei luoghi impossibili’, concept album di Claudio Sirigu

Claudio Sirigu è tornato con un nuovo album dal 17 marzo scorso. Un disco che tocca un tema poco trattato nella musica ovvero la salute mentale, strettamente legata a quella fisica. Il concept album è ‘Pinacoteca dei luoghi impossibili‘.

11 brani (tra cui un intermezzo strumentale) dove ognuna ha un suo quadro, e sono stati realizzati tramite l’uso dell’intelligenza artificiale. Partiamo col dire che già questa idea ci è piaciuta.

La tematica trattata è toccata in maniera gentile, delicata ed onirica, proprio come ci ha detto l’artista, in questo “onirico viaggio” nei luoghi impossibili ovvero le stanze della mente dell’uomo, difficili ed indecifrabili.

Musicalmente, nel complesso, si tratta di una ottima produzione con suoni puliti, limpidi, e precisi. Di base indie pop, si spazia dal mondo cantautorale più classico al pop più moderno, dall’acustico fino a toccare addirittura sfumature di soul e jazz. Gli arrangiamenti sono ben dosati in base al brano, dai più ricchi e pomposi fino ai brani giustamente minimalisti ed essenziali. Comunque sempre un lavoro di arrangiamento che guarda al presente.

Vocalmente Claudio mostra uno stile molto cantautorale con un timbro caldo e rassicurante sulle note gravi e medie, tessitura in cui l’artista si muove più agevolmente sia tecnicamente che interpretativamente.

Si parte con Blu di sera, una ballad pop rock dalla vena marcatamente malinconica con un bell’inciso radiofonico e che parla di allontanamento e di come si possa diventare estranei in un attimo; In fondo agli occhi hpropone una metrica interessante ed è la stanza della chiusura in sè di fronte ai momenti difficili. Poi arriva Desolazione che è per noi uno dei pezzi migliori dell’album:in duetto con ‘Gren’ rappresenta l’attimo di rinascita della pinacoteca, dove ascoltiamo anche un buon vibrato di Claudio ed un ritornello che ti rimane in testa.

Ballata ci porta una atmosfera da jazz club ma ci riporta anche ai sentimenti negativi che comunque spariscono con l’arrivo di Distanza, che con la sua chitarra acustica in primo piano è come una mano che ti tira su verso un nuovo inizio. Arriviamo a metà album con le atmosfere quasi spirituali di ###, l’intermezzo strumentale del disco.

Io mi ricordo, se chiudiamo gli occhi, ci porta prima nelle scene di un vecchio film e poi, con un salto, in un ambiente futurista. Se l’intento di questo brano era porta rilassamento, ci sono riusciti.

Radiazioni è un pezzo “per pochi”…e da chi vi scrive lo è. Chi conosce direttamente i problemi legati all’ansia saprà riconoscere alcune immagini, seppur metaforiche, proposte nei versi del cantante. Poi Troppo Veloce propone il sound più moderno della tracklist sugli alti e bassi di una amicizia “difficile”.Vojager (con TBO TheBigOne) anticipa l’ultimo quadro della pinacoteca, ovvero Buio che con un pianoforte intenso nella prima parte ed un approccio molto più grintoso nella seconda ci lascia comunque uno spiraglio di luce: non finisce qui!

Quindi un concept album ma musicalmente molto molto versatile e l’artista ha saputo muoversi bene in ogni genere proposto trasmettendo sempre l’emozione desiderata.

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