Metcalfa ci racconta il suo ritorno sulle scene, con un personalissimo album dal titolo (svedese!) “lagom”

Torna il progetto di Metcalfa, alter ego musicale del batterista e compositore Metello Bonanno, con un nuovo album disponibile da venerdì 22 gennaio 2025 su tutte le piattaforme digitali. Un nuovo e importante capitolo che si aggiunge all’autobiografia musicale di Metello: un disco che fugge dalle etichette di genere e si stratifica di influenze, si immerge nell’elettronica, nel jazz e nelle potenzialità dello strumento della batteria.

Il tutto parte dal termine “lagom“, questo il titolo del disco, una parola svedese che significa  “quanto basta”, così racconta Metcalfa: “Negli anni il seme di questa parola è rimasto dentro di me e ha fatto crescere l’idea di questo disco. La giusta commistione tra jazz ed elettronica, la giusta dose di ritmo e melodia, un equilibrio armonico. Questo album vuole essere come certo di essere io ogni giorno: calmo dentro, forte fuori”.

Di lui siamo ossessionati, a partire dal fatto che non riusciamo a inscatolarlo in nessun tipo di genere musicale, e la sua caratteristica è proprio questa, che si tratta di un tipo “fuori la scatola”. Lo abbiamo intervistato, approfondendo il suo rapporto con il jazz e su questa sua autobiografia musicale.

Come batterista sei impegnato anche in altri progetti? Ti capita mai di essere influenzato da altri progetti con i quali sei in contatto? 

Certamente, suono in progetti molto diversi tra di loro. Quello con cui sono più in contatto e di cui sono cofondatore è il quintetto di jam moderno North by Northwest. Con loro c’è una chimica unica, e l’influenza è molto forte. Devo molto anche a Kimerica, una cantautrice FENOMENALE con cui ho la fortuna di suonare da tempo e agli Yet to Come, un progetto musicale veramente unico nel suo genere che mi ha fatto da seconda famiglia.

Dici che quelle di “Lagom”, il tuo nuovo album, non sono solo canzoni, ma emozioni. Come mai questa fortissima affermazione? 

Perché dentro ai brani presenti nell’album ho riversato tutto quello che in quest’ultimo periodo non riuscivo ad esprimere a parole. Ho sempre avuto, musicalmente parlando, pensieri del tipo “mi piacerebbe sentire una musica di questo tipo, vorrei sentire una composizione con questo stile”; e alla fine mi sono detto, perché non farlo proprio io?

Come mai, secondo te, il jazz non è un genere rappresentativo delle nuove generazioni, o un genere considerato “cool”? È così anche per te?

Il jazz è un genere che potrebbe essere estremamente rappresentativo delle nuove generazioni, e in tanti altri posti (USA, UK…) lo è. Come disse (se non erro) Bill Evans: il jazz utilizza il ritmo del tempo in cui vive. Non possiamo aspettarci che le nuove generazioni apprezzino il jazz se non proponiamo nulla dopo gli anni 50/ 60. Il mondo cambia e il jazz con esso, come è sempre successo. La mia missione, per gli anni a venire, è proprio quella di creare una scena jazz moderna solida in Italia.

La musica strumentale può effettivamente essere autobiografica?

Assolutamente, lo è. Richiede solo un ascolto leggermente più attento rispetto a quello che ci circonda, ovvero musica tutta uguale con un contenuto culturale pari a zero. Dobbiamo imparare che a volte, per apprezzare qualcosa, è richiesto di scavare un po’ più a fondo.

Ti vedremo presto anche dal vivo?

Spero di si! Il mio obiettivo per quest’anno è di suonare live il più possibile e fare conoscere a più persone possibili la mia musica.