Benvenuti Punto G su Fuori La Scatola! Il titolo dell’EP, “Divisi”, sembra riflettere una condizione di frammentazione e alienazione sociale. Qual è stata l’ispirazione principale dietro questo concetto e in che modo avete cercato di trasmetterlo attraverso i brani?
Nel nostro primo EP “Divisi” siamo stati ispirati essenzialmente dai rapporti umani espressi nella quotidianità, caratterizzata da stimoli mediatici che disorientano una società veicolata verso l’estinzione, amplificando così un individualismo feroce. Analizziamo la società con sguardo obliquo su ciò che accade attorno a noi. Pensiamo alla superficialità dei rapporti o alla violenza di un capitalismo che ci nega la gioia di cooperare per il bene comune. Attraverso la nostra arte cerchiamo di affermare il nostro più aspro dissenso. I Punto G sono un progetto di quattro persone, quattro entità distinte che hanno l’ambizione di stimolare riflessioni, domande, punti di vista differenti e divergenti su ciò che accade attorno a noi.
“Supernova” esplora il tema della maschera e dell’identità in un mondo dominato dalle apparenze. Quanto sentite che queste tematiche vi toccano personalmente e in che modo influenzano la vostra esperienza come artisti?
Le apparenze ci disgustano. Quando suoniamo insieme siamo finalmente noi stessi, liberi di esprimerci, e questo ci fa sentire vivi. È quando torniamo alle nostre vite mediocri e squallidamente routinarie che ci sentiamo sbagliati, spettatori di un teatro dell’assurdo. Per noi essere artisti vuol dire non essere finti, non recitare una parte
Il brano “Per me non significa niente” ha un tono profondamente nichilista, ma allo stesso tempo lascia intravedere una ricerca di senso e una volontà di non arrendersi. Come si bilancia questa dicotomia tra disperazione e speranza nella vostra musica?
In “Per me non significa niente” esprimiamo in modo schietto un disagio cronico, una sorta di grido di disperazione che lascia intravedere un forte desiderio di riscatto. Viviamo un decadimento sociale, culturale e politico fatto di invadenti nostalgie, ingiustizie, luoghi comuni e ipocrisie. Con questo brano abbiamo sfogato parte delle nostre frustrazioni, la nostra urgenza comunicativa, come una liberazione. In un mondo cinico e violento vorremmo trasmettere il bisogno di cambiare, magari in meglio. Prendere posizione, non essere tra quelli che si girano dall’altra parte.
In “Malaffare” parlate di inclinazione al compromesso e corruzione nella società. Vi sentite più spettatori o vittime di questo fenomeno? Quanto è difficile mantenere l’integrità artistica in un contesto in cui le pressioni commerciali sono così forti?
Siamo sicuramente vittime di ciò che ci hanno lasciato i nostri padri. Accorgendoci allo stesso tempo di essere spettatori di una deriva dei tempi. Non vogliamo essere complici o colpevoli di tanta indifferenza. Né tantomeno far parte di dinamiche spregevoli di mercato. La nostra attitudine abbraccia la libertà di espressione come unica ambizione. Lo facciamo innanzitutto per noi stessi, per esigenza e urgenza di sentirci liberi, contro gli estetismi e i cliché.
Il sound dell’EP si adatta perfettamente ai testi, enfatizzando i diversi stati d’animo. Come avete lavorato sul rapporto tra musica e parole per creare una sinergia così forte? Ci sono stati momenti in cui avete dovuto modificare le musiche o i testi per rendere il messaggio ancora più potente?
Le nostre canzoni nascono spontaneamente, quasi magicamente in studio. Spesso non c’è una direzione prefissata, il sound è costruito interamente durante le prove, dove cerchiamo di dare dinamica, enfasi e ricerca dei suoni. Ogni componente dei Punto G ha un ruolo chiave nello sviluppo del progetto. Spesso ci sorprendiamo di come siamo riusciti a fondere le diverse personalità attraverso i nostri strumenti, come mettere a disposizione le proprie armi per combattere insieme le nostre insicurezze.
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