Intervista agli Still Noise per il singolo Titanic: “Storie che finiscono anche loro sul fondo del mare, dove alla fine non ci resta che ballare”

Diamo il benvenuto agli Still Noise, protagonisti di questa nuova intervista Fuori la Scatola per parlarci del loro nuovo singolo! “Titanic” sembra affrontare il tema dell’innamoramento di un concetto piuttosto che di una persona. Potete approfondire questa idea e spiegarci come avete tradotto concetti astratti in emozioni musicali?

GABRIELE (frontman): Il Titanic è alla fine una grande bugia, un piroscafo inaffondabile diretto verso una nuova terra, ma che invece trova la sua fine sul fondale dell’oceano Atlantico, e tutti hanno inizialmente creduto a quella bugia. Quante storie d’amore nascono da bugie che diciamo a noi stessi? Storie che finiscono anche loro sul fondo del mare, dove alla fine non ci resta che ballare.

TOMMASO (basso): Il concept alla base del brano è proprio questo: l’idealizzazione di una persona. Attraverso Titanic abbiamo voluto raccontare di quando, troppo spesso, ci innamoriamo di un’idea che ci siamo fatti di qualcuno, piuttosto che di come questa persona è veramente. È una situazione in cui continuiamo a mentire a noi stessi per tenere viva quella bellissima bugia che tanto ci piace raccontarci, che tuttavia non è reale ed è destinata a svanire, lasciandoci di fronte alla triste e amara realtà. Abbiamo deciso di portare questa situazione all’estremo e di raccontare di un ragazzo che si innamora di un concetto.

Ci raccontate la storia di questa canzone? Intendiamo dire come è nata, se ricordare l’attimo esatto e chi è di voi che ha avuto l’input vincente?

GABRIELE: Diciamo che sono un grande appassionato di film e documentari. Diciamo che una sera, preso dalla noia, ho visto un documentario sulla storia del Titanic, e diciamo che sono rimasto così tanto affascinato dalla cosa che non ho pensato ad altro per giorni. Così, di punto in bianco ho scritto il testo di getto e l’ho mandato agli altri membri della band, quasi come uno scherzo. E ovviamente loro cosa fanno? Mi prendono sul serio. 

MAUDI (produttore): Appena ho sentito il testo ho pensato “questa è una canzone d’amore dedicata ad una barca, è geniale!” e sono subito riaffiorati i ricordi dei video musicali di inizio millennio, quelli con i cantanti in camicia bianca che strillano i ritornelli, sul lungomare, al tramonto. L’idea dell’arrangiamento è nata un po’ da quel mondo lì, dalla drammaticità calcata delle prime hit R’n’b mainstream e dalle sonorità un po’ plasticose alla Darkchild. Poi, come succede sempre con la nostra musica, sono subentrati i veri musicisti e la canzone è diventata un prodotto Still Noise a tutti gli effetti, con una sua personalità e una vera raffinatezza. 

NICOLÒ (chitarre): Una volta in mente lo scheletro della canzone, ho proposto un arrangiamento di chitarre semplice ma raffinato, che allo stesso tempo potesse trasmettere le sensazioni che la storia del Titanic è in grado di evocare. Un tema di chitarra che si ripete sempre uguale, a sottolineare l’impassibilità del relitto sul fondale, ma con gli accordi che si muovono al di sotto quasi a creare speranza; suoni vintage ed effetti di modulazione ad evocare il susseguirsi delle onde del mare. Finita la prima demo eravamo tutti già innamorati del mood del pezzo, ma mancava qualcosa. Ho pensato di aggiungere un assolo di chitarra in chiusura, Titanic mi sembrava il pezzo giusto per farlo. E c’è anche il colpo di scena: nel solo le acide note di chitarra si mescolano a quelle più dolci di un clarinetto, suonato dal maestro Andrea Losi.

DIEGO (batteria): Poi sono arrivato io, ho fatto le batterie e via, abbiamo chiuso il pezzo. Sei mesi di studio dopo siamo qui a parlarne con voi. 

Usare un titolo del genere, un gigante sia nella storia che nell’immaginario popolare grazie al film. Non avete pensato che sarebbe stato un po’ rischioso? Sicuramente vi siete presi una bella responsabilità…


NICOLÒ: Sicuramente il titolo non passa inosservato; se volete è un rischio, ma era perfetto per ciò che volevamo raccontare. 

GABRIELE: Ma il bello è proprio questo, un titolo “titanico” a tutti gli effetti. Speriamo di entrare anche noi nella storia ahah!

MAUDI: Una storia d’amore dedicata al transatlantico più famoso del mondo, è geniale!  


DIEGO: Poi alla peggio, se il singolo va male, ci mettiamo finalmente a cercare un lavoro vero

Chiusa questa “Trilogia del cuore” cosa ci dobbiamo aspettare dagli Still Noise?


MAUDI: Sicuro non un’altra Titanic, e non solo come testo, ma anche come mood. Le nostre canzoni sono sempre guidate dal gusto di esplorare le mille influenze che ci distinguono l’uno dall’altro. A questo si aggiunge anche il piacere masochistico di non volersi ripetere mai e di misurarsi con generi, stili di composizione e suoni che potrebbero sembrare lontani da noi. È un approccio che ci mette in una posizione scomoda, perché ci rende difficilmente inquadrabili a livello musicale, ma che continueremo ad avere fino a quando ci divertirà suonare insieme. Quindi, tornando alla domanda, chiusa questa “trilogia del cuore” abbiamo deciso che si ballerà, e tanto. Ma è ancora presto per parlarne.


Qual è il vostro “iceberg”? Vi lasciamo libera interpretazione a riguardo. Attenendoci alla storia della nave, e per iceberg potere immaginare qualsiasi cosa, qual è il vostro nel mondo della musica?

GABRIELE: Il mio iceberg è il timore di non essere me stesso, di non lasciarmi andare, e di perdere le occasioni migliori solo per la paura di fallire o farci brutta figura. 

DIEGO: Credere a quelle persone che ti si avvicinano solo per tornaconto personale. Opportunisti che fingono complimenti, omuncoli vuoti dentro che cercano di togliere qualcosa della tua creatività per farla loro. Nella musica è pieno di questi soggetti, soprattutto quando sei emergente, ed è un attimo cascare nel loro inganno.

NICO: Il mio iceberg è la paura di non essere capiti come musicisti. Al giorno d’oggi c’è tantissima musica e pochissimo tempo a disposizione per ascoltarla. Dal momento in cui si scrive la prima nota di una canzone al momento in cui viene pubblicata passa tanto tempo, ma poi la vita vera e propria del brano è sempre più breve. Si può davvero capire a fondo tutto il lavoro che c’è dietro con un ascolto da cellulare, magari mentre si sta facendo altro?

TOMMY: Personalmente penso sia la paura di non riuscire a godermi appieno la musica, al di là di come andranno le cose. Ho così tanta “fame” di emergere e di vivere di questo, che a volte temo di poter dimenticare perché lo sto facendo. E la riposta è sempre per la musica, che arrivi al mondo intero o che rimanga inascoltata. La mia paura è svegliarmi e dimenticarlo.

MAUDI: Da bravo nerd faccio prima a citare Dargen D’amico: “Anche le cose che gli altri artisti prendono sottogamba a me mettono l’ansia, perchè temo che da un momento all’altro qualcuno si accorga che non canto”. L’iceberg contro cui rischio di scontrarmi ogni volta che lavoriamo ad una canzone è la paranoia di non fare abbastanza bene, di non essere abbastanza musicista. Ma per ora fortunatamente, riesco a sterzare il timone giusto in tempo per evitare lo scontro frontale, complice il fatto che ho dei buoni compagni di viaggio a darmi una mano.

Come sempre lasciamo l’ultimo spazio dell’intervista ai nostri ospiti. Potete ora lanciare un vostro messaggio o rispondere alla domanda che avreste voluto ma non vi è stata fatta!

GABRIELE: Vi lascio con questa confessione. Se dovessero fare “Titanic parte 2”, io sarei il primo a salire a bordo. Vada come vada. 

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