Intervista agli I-Science

Online con il loro nuovo singolo Garab, abbiamo intervistato gli I-Science per scoprire di più su di loro, sulla canzone e sulla musica vissuta a livello internazionale.

  • Come si è vissuta l’emergenza Covid in Senegal? Com’è stato lì l’impatto per i live? Sono stati -o sono tutt’ora- bloccati?

L’emergenza è stata meno drastica qui in Senegal anche perché tutti hanno reagito in modo celere (gesti barriera, cure adeguate, etc.) sin dall’inizio, quindi la cosa è rimasta più gestibile. Non abbiamo avuto periodi di confinamento completo ma abbiamo avuto un coprifuoco abbastanza lungo e molti mesi, durante i quali tutti i live sono stati vietati. E stata dura per molti lavoratori, non solo per gli artisti. Ora tutto si è riaperto da prima dell’estate (a partire da Maggio più o meno) e stiamo riprendendo le attività poco a poco

  • Esistono eventi come “Live aid” dove artisti rinomati si riuniscono e cantano tutti assieme per scopi benefici: come vedete questi progetti? Pensate che abbiano davvero un impatto? Sarebbe positivo se si riuscissero a organizzare più eventi come questi?

Si, ce ne sono un bel po’ di progetti cosi. Per esempio svariati artisti avevano tirato su fondi per le persone colpite da inondazioni durante le piogge, per fare doni alle famiglie bisognose, etc. Le iniziative di artisti e privati possono e spesso hanno un impatto benefico. A parte questo tipo d’iniziative, qui si utilizza spesso la musica a fini di sviluppo (per esempio sensibilizzazione contro l’AIDS, la malaria, l’infibulazione, etc.). Il discorso è complesso: penso che di per sé la musica possa essere un buono strumento di sensibilizzazione, là dove pero bisogna stare attenti è nel non usarla per veicolare un’immagine stereotipata e negativa dell’Africa, come lo fanno alcune ONG (tipo le pubblicità di raccolte fondi con i bambini che hanno il pancione e le mosche negli occhi). C’è un grosso giro di soldi nel mondo dello sviluppo e spesso molte di queste iniziative, non solo non hanno un vero impatto ma possono addirittura fare più danno che bene dato che mascherano i veri problemi, mantenendo poi uno stato di dipendenza. Penso che dipenda molto da chi porta il progetto, dagli interessi che ci sono dietro e dalle azioni che vengono poi ad aggiungersi a questi live per perennizzare l’impatto. 

©Sylvain Cherkaoui
  • Dato il successo mondiale della canzone Jerusalema di Master KG, pensate che sia il momento adatto per la diffusione della musica africana nel mondo?

La musica africana è presente nel mondo già da tempo! Una stragrande maggioranza della musica moderna deriva da ritmi e melodie tipici africani (blues, soul, rock, hip hop…), ma effettivamente questo è purtroppo spesso dimenticato. Comunque a parte Jerusalema (Sud Africa) nel mondo anglofono la musica africana ed in particolar modo la musica nigeriana (Burna Boy, Davido, Wizkid…) sta riscontrando molto successo a livello internazionale. In America e in Inghilterra molti artisti sono già conosciutissimi. C’è anche da dire che l’Africa è un continente quindi ci sono molti tipi di musiche diverse, è difficile mettere tutto in un sacco e chiamarla “musica africana”. Di sicuro c’è un interesse crescente, a livello mondiale, verso tutto ciò che è prodotto in Africa (anche nella moda, cinema…) ed è bene continuare a condividere e far girare ciò che nasce qui…

  • Corinna, la vostra frontwoman, ha affermato che “un ecosistema sano conserva la fauna marittima e terrestre, fonte di lavoro e sussistenza per il Senegal”: pensate che approfondire l’impatto che i problemi ambientali hanno da un punto di vista quotidiano -ossia problemi di mancanza di lavoro, economici e anche di sostentamento che ne deriva- può essere un modo per sensibilizzare ancora più persone all’argomento?

Si, certo! A volte una realtà può sembrare distante se non si vede il legame che questa realtà ha con il proprio quotidiano. Parlare dell’impatto reale che i problemi ambientali hanno sulla vita delle persone equivale rendere reale quest’esperienza per loro. Non stiamo più quindi parlando di qualcosa che capita a anni luce da me ma di ciò che si trova davanti alla porta di casa. E anche per questo che per la serie di concerti che vogliamo organizzare con l’Oceanium vorremo farli precedere da dibattiti aperti con i giovani e la popolazione per approfondire il discorso, raccogliere testimonianze, riflettere assieme a delle soluzioni. 

  • State progettando o avete già progettato altre collaborazioni con artisti provenienti da Paesi all’infuori del Senegal nel prossimo futuro?

Si, al momento stiamo lavorando ad un progetto con dei musicisti marocchini. Questa cosa ci rende felici perché lo scambio è sempre fonte di ricchezza e ispirazione, poi la magia della musica è di essere proprio un linguaggio universale: a volte non parliamo la stessa lingua ma basta impugnare gli strumenti che ci capiamo al volo! Le collaborazioni sono vero e proprio nutrimento per noi e ci permettono di affinare la nostra capacità di ascolto, uscire dalla nostra zona di conforto e esplorare nuove tecniche e nuovi modi di fare le cose. Siamo quindi sempre aperti ad ogni tipo di scambio e collaborazione!