Benvenuto Topeji su Fuori La Scatola per questa nuova intervista. Il tuo album “Kamael” è stato concepito e completato nel 2015 ma pubblicato solo nel 2024. Quali sono state le ragioni di questa lunga attesa e come ha influenzato il processo creativo e la tua evoluzione artistica?
Ciao a tutti e grazie allo staff di “Fuori La Scatola” per questa intervista. Sono lusingato di avere questa opportunità e poter parlare del mio album raccontandovi la mia storia musicale e quello che c’è stato dietro a tutto il processo di creazione.
Partiamo così: Kamael mi ha incatenato alla scrivania per quasi 6 mesi ed è stato un vortice di emozioni che ancora oggi ricordo nitidamente nonostante siano passati più di nove anni. Dopo aver composto ininterrottamente i tredici brani in quei lunghissimi ed intensi mesi, decisi di contattare un’etichetta per la distribuzione e la promozione. Tra le centinaia di mail inviate, una di loro si interessò al mio progetto e mi affidai ai loro servizi. Dopo tanta attesa finalmente Il 15 Luglio 2016 Kamael sarebbe stato pubblicato su tutti gli store digitali. Era fatta! In quel mese e mezzo di attesa prima della pubblicazione mi sentivo davvero dentro un mondo fantasy, proprio come quello di Kamael. Poi la disfatta: purtroppo l’album venne esportato in modo errato dal processo di mastering e quindi l’ascolto di ogni brano risultò compromesso. Rimasi molto deluso da quella esperienza quindi feci ritirare l’album decidendo di ripubblicarlo dopo qualche mese senza più affidarmi ad una label. La vita di un musicista però è economicamente dura e anche la più piccola delle spese in certi momenti può sembrare un macigno. Rinviai la pubblicazione, prima di qualche mese, poi di qualche anno. Il tempo nel frattempo trascorse velocemente e la vita mi portò a cambiare rotta su alcuni fronti. Dal piccolo paesino della Calabria mi trasferii a Torino assieme alla mia compagna dove vivo ancora oggi. Anche qui gli impegni quotidiani, il lavoro e la voglia di costruire qualcosa di solido mi portarono ad accantonare Kamael in attesa di nuove prospettive musicali. Poi un paio di mesi fa, con la mente più sgombra e dopo un pomeriggio trascorso a pensare al mio prossimo futuro, Kamael si introfulò di soppiatto nei miei pensieri e mi convinsi a dare una conclusione degna a questo lavoro. Oggi siamo qui a parlarne e ammetto che, solo due mesi fa, non me lo sarei nemmeno aspettato. Il 2015 non fu affatto un periodo facile per me e col senno di poi sono davvero felice di aver aspettato tutto questo tempo perché la maturazione mi ha portato a gioire di questo lavoro sicuramente in modo migliore rispetto a quello che sarei riuscito a godermi molti anni fa. La mia compagna di nove anni fa adesso è la mia dolcissima moglie e siamo genitori di una simpaticissima Topejina di nome Giulia. Probabilmente le cose dovevano trovare il loro giusto spazio nella mia vita e avere un ordine temporale ben preciso.
“Kamael” è un’opera prevalentemente strumentale con solo quattro brani contenenti brevi porzioni di testo. Come sei riuscito a bilanciare musica e narrazione scritta per comunicare la complessa storia del protagonista?
Oltre all’amore incondizionato per la musica e il rock progressive, una delle mie passioni più profonde è il cinema. Collaboro ancora oggi con diversi registi e creatori di contenuti visivi per sonorizzare e musicare i loro lavori con colonne sonore ad hoc per ogni situazione. Inizialmente l’opera era stata concepita come musica da associare ad un film animato. L’ispirazione era palesemente nata da “The wall” dei Pink Floyd, adattato poi nel 1982 ad una bellissima sequenza di immagini reali ed animate nate dal genio di Alan Parker. Purtroppo questa idea non è mai riuscita a sbocciare in quanto ancora oggi, nonostante i mezzi a disposizione di tutti siano più evoluti, è difficile trovare collaboratori con cui partecipare a progetti così ambiziosi. L’impossibilità di riuscire a creare un film animato mi ha portato quindi alla scelta di accostare la narrazione alla musica per descrivere in modo dettagliato ed approfondito le avventure di Kamael. La musica a volte non basta e, in mancanza di un testo nella maggior parte dei brani, grazie alla narrazione ogni ascoltare può sviscerare il significato di alcuni fraseggi musicali e trasformarli in immagini nella propria mente. Ad ogni brano è collegata una storia che segue comunque una tematica principale per l’intero album. Volendo abusare del termine, possiamo dire che si tratta di un “Concept album” dove, traccia dopo traccia, si sviluppa una fitta trama.
Hai citato influenze da grandi del Progressive Rock degli anni ’70 come Pink Floyd e King Crimson, ma anche artisti contemporanei come Porcupine Tree e Radiohead. Come hai integrato queste diverse ispirazioni nel tuo stile unico per “Kamael”?
La mia passione per il Progressive rock nasce durante gli anni del liceo. Forse un po’ tardiva e anomala rispetto ai tanti altri ragazzi della mia generazione ma probabilmente legata agli studi di musica classica che ho affrontato da quando ero un goffo bambinetto. Quest’ultima si sposa perfettamente col genere, citando band come gli “Emerson, Lake and Palmer” che hanno partorito capolavori musicali nati proprio da questo sodalizio. Genere particolare quindi, non di facile ascolto ma che ha dato poi le basi a tanti altri gruppi più contemporanei come i Porcupine Tree e lo stesso Steven Wilson, senza dimenticarci di gruppi come gli Opeth o gli Aristocratz. Ho cercato di trarre il meglio dal passato e dal presente, ammetto a volte di essermi addirittura spudoratamente “ispirato” ad alcuni fraseggi che, vuoi o non vuoi, ti rimangono nel cuore dal primo ascolto e che ti fanno domandare: “Perché non sono riuscito a scriverlo prima io? Era cosi semplice!!”. Ovviamente il mio “semplice” si tramutava subito dopo in riconoscenza nei confronti del compositore, a volte anche riuscendo a farmi commuovere per la bellezza e la semplicità musicale con cui certi concetti vengono espressi da musicisti di quel calibro. Nel mio album ho cercato di riprodurre tali concetti musicali ispirandomi a tutto questo filone musicale. All’inizio ammetto di aver sofferto molto in quanto era un genere che ascoltavo ma con cui non mi ero mai confrontato in ambito compositivo. Oltre a questo, avevo deciso di comporre tutto da solo in quanto il territorio dove abitavo non aveva una così vasta scelta di musicisti appassionati al genere. Essendo solo un pianista non conoscevo bene le dinamiche di ogni strumento che avrei voluto inserire nei vari brani ma Kamael voleva vedere la luce e non mi arresi. Un fraseggio, una strofa, un assolo per volta e tutto lentamente cominciava a prendere forma. Quello che ne è venuto fuori sono tredici brani dove sono riuscito a spaziare tra diversi generi musicali attingendo da tutti quei gruppi e quegli artisti che hanno segnato la mia esperienza musicale.

La tematica principale dell’album è il cambiamento e la trasformazione personale del protagonista. Come questa tematica si riflette nel tuo percorso di vita e carriera musicale?
Ogni cosa che affrontiamo nella vita proviene dal “cambiamento” che decidiamo di percorrere nel momento in cui tutto e tutti sembrano averti voltato le spalle. Stessa sorte che affronta il protagonista dell’album. Kamael, Semidio superbo e avido di potere, sbarca in un pianeta lontano dalle sue terre natie bramoso di conquista e di potere. Viene però abbandonato in quella terra desolata proprio dai suoi stessi simili per colpa della sua natura malevola. Rimasto solo nei successivi decenni, si ritrova a dover scavalcare ostacoli e affrontare problemi che fino a quel momento non aveva mai vissuto. Sarà solo grazie alla sua forza di voler cambiare le sue sorti che riuscirà poi a trovare la sua “Sunny door”, ovvero la sua porta soleggiata che darà nuova vita ai suoi intenti. Nel periodo in cui ho scritto Kamael mi sono ritrovato a dover affrontare alcune delusioni musicali e sentimentali. Dopo tanto tempo mi rendo conto di quanto sia stato profondo il legame che accomuna il mio percorso a quello del protagonista dell’ album. In alcuni momenti mi rendevo conto di essere Kamael, a volte invece lui era me. Questa simbiosi ha fatto sì che le nostre storie si legassero più di quanto avrei mai potuto immaginare e, a distanza di anni, lo ringrazio per avermi dato la forza di cambiare la mia vita. Senza la sofferenza di quei mesi non sarei mai riuscito a far evolvere la mia esperienza nell’ affrontare la vita di tutti i giorni e poter apprezzare anche le più piccole gioie che la vita mi regala ogni giorno. Non è mai facile attuare un cambiamento, rimettere in gioco e porsi il dubbio che a volte tutte le proprie certezze non sono effettivamente le più corrette. E tutto questo processo ho imparato ad applicarlo, anche se ancora non completamente, alla composizione della mia musica.
La trama dell’album è ambientata in un mondo fantasy e racconta di un semidio che si trasforma in difensore del pianeta Kamael. Qual è il significato simbolico di questa trasformazione per te, e cosa speri che gli ascoltatori colgano da questa storia?
L’album è un inno alla rinascita del protagonista che grazie al cambiamento e al rimettere in gioco le proprie convinzioni, esce dalla propria zona di comfort e ristabilisce il suo equilibrio interiore. Tutto questo purtroppo sembra quasi essere un’ utopia rispetto a quello che al giorno d’oggi la società ci impone. Viviamo in un mondo dove la mondanità apparente dettata dai social condiziona le nostre vite e i rapporti interpersonali, mettendo un freno alla nostra creatività. Abbiamo sicuramente molti più strumenti rispetto ai nostri predecessori ma la nostra mente è congelata, come se non riuscissimo più a mettere in risalto l’originalità che contraddistingue l’essere umano dai tempi dei tempi. Ogni pensiero che nasce, buono o cattivo che sia, viene subito smorzato dalla convinzione che non possa essere accettato se diverso dal “normale”. Siamo noi gli artefici del nostro destino, di quello che vogliamo cogliere dalla nostra vita e Kamael cerca di spingere l’ascoltatore proprio a questo: non fermiamoci all’apparenza, ogni cosa che percepiamo nella nostra vita serve a costruire chi vogliamo essere senza distinzione di genere e di razza. Sta a noi cogliere queste sensazioni per poi trasformarle in linfa creativa e dare spazio alla nostra vera natura.
Lasciamo l’ultimo spazio dell’intervista al nostro ospite. Puoi ora lanciare un tuo messaggio o rispondere alla domanda che avresti voluto ma non ti è stata fatta!
Mi stai chiedendo se ci sono in cantiere nuovi progetti? Sì, era quello a cui stavo pensando anche io! Dopo tanti anni ad aspettare Kamael finalmente posso dire di aver chiuso il cerchio ma che, per mia fortuna e di chi apprezza i miei sforzi, se ne stanno aprendo tanti altri. Attualmente sono al lavoro su ben due album. Il primo è già in lavorazione da circa tre anni (come avete potuto notare i miei lavori hanno tempi di maturazione molto lunghi). Si tratta di un’opera molto più ristretta rispetto a Kamael, un EP da cinque brani che racchiude un po ‘di storie diverse ma legate tra loro da un tema. Il genere è sempre ispirato al filone rock progressive ma sto cercando di dare un tocco di modernità grazie anche ad una maturazione musicale acquisita nel corso delle mie ultime esperienze. Il secondo è una rivisitazione di alcuni brani composti nel 2006 con la mia prima formazione: i “The Hand”. Cinque piccoli gioielli di composizione grezza ma pura, forse ai tempi un po’ acerbi ma che secondo me possiedono un discreto potenziale emotivo oltre che musicale. Per non farmi mancare nulla, attualmente sto lavorando su due colonne sonore: la prima diretta ad un cortometraggio che spero uscirà nei prossimi mesi. Non c’è ancora un girato ma dal copione sembra davvero un lavoro molto interessante e mi ha subito catturato. La seconda invece, destinata ad un serie televisiva di stampo horror.
Non mi resta che ringraziarvi per avermi concesso questo spazio e ne approfitto per fare un inchino a chi sta leggendo questi pensieri. Io e Kamael vi invitiamo ad ascoltare l’album nella speranza che qualche parola di queste sia servita a spronare qualche lettore e, speriamo anche qualche ascoltatore, a tirare fuori il meglio di sé da ogni situazione.

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