Diamo il benvenuto su Fuori La Scatola a Salvatore Bascio! Ciao Salvatore. Parliamo del tuo nuovo singolo “Quello che sono ormai mi basta”, un pezzo che ci è piaciuto e che all’ interno racchiude diversi concetti. Ce ne parli a proposito di questo?
In effetti il brano abbraccia più argomenti e nonostante il timbro rockeggiante e spavaldo racchiude sensazioni e sentimenti che provengono dal profondo, lo sento un pezzo molto intimo. L’ intento della canzone è comunque quello di trasmettere il giusto coraggio a chi nella vita si è sentito dire troppi fastidiosi e ridondanti “anche se” da persone alle quali, magari, nemmeno abbia chiesto un parere, un consiglio. Vuole essere anche una risposta verso queste persone: anche se ho questi difetti che noti e fai notare, anche se non pensi che io possa essere alla tua altezza, anche se non riesci a percepire cosa ti voglio trasmettere, quello che io sono, a me, ormai, basta! Grazie lo stesso.
Quale è stata la sfida più difficile nella creazione e nella produzione di questo pezzo e come l’hai superata?
In realtà non ho incontrato grosse difficoltà per questo pezzo, quando l’ho scritto è stato il frutto di un momento di sfogo e mi è venuto quasi interamente di getto, ho aggiustato qualcosina prima di registrarlo, ma mi è piaciuto sin dall’inizio e l’ho arrangiato e prodotto in poco tempo.
Quale è il tuo rapporto con i live, ed in particolare con questo brano?
Io adoro fare concerti, è una cosa che mi auguro di fare continuamente oggi e soprattutto in futuro. È in quei contesti che ci si diverte di più e che si riesce a trasmettere e condividere maggiormente le emozioni, quando si guarda la gente negli occhi.
Il brano rappresenta un punto di svolta per le proprie insicurezze, che spesso sono alimentate dagli altri, ma pian piano vanno ad infilarsi negli angoli più reconditi di noi stessi. Per me questo pezzo vuole esorcizzare proprio questi momenti, è una canzone di sfogo che vuole buttare fuori tutto questo.
Ci dai un aggettivo per questa canzone ed uno che descriva te in questo momento?
Un aggettivo per la canzone: carica! Per me, in questo specifico momento, direi: caparbio.
Ci racconti un po’ di te, dei tuoi primi passi nella musica? Sappiamo che hai iniziato come chitarrista autodidatta…
Il ricordo più lontano legato alla musica che ho, è di quando mio padre ci portava in giro in macchina, da bambini, mettendo le audiocassette dei più grandi gruppi rock internazionali: Pink Floyd, Dire Straits, Queen, Metallica e anche molto rock italiano. Ho passato la mia infanzia ascoltando anche mio padre e mio zio che facevano musica, scrivevano e componevano canzoni; è una cosa che evidentemente mi è rimasta dentro e che probabilmente mi ha trasmesso la voglia di fare altrettanto, forse, chi lo sa, anche un po’ per continuare il loro lavoro che poi si è, ahimè, interrotto per la prematura morte di mio zio: chitarrista fenomenale.
E così, un giorno del lontano 2012, presi in mano una chitarra che mi trovavo a casa e cominciai pian piano ad imparare gli accordi più semplici, da quel giorno non ho mai smesso di suonare e provare a scrivere qualcosa.
Lasciamo l’ultimo spazio dell’intervista al nostro ospite. Puoi ora lanciare un tuo messaggio o rispondere alla domanda che avresti voluto ma non ti è stata fatta!
Che dire?… Spero di diventare un bravo cantautore e, negli anni, migliorare sempre di più. Come dice la canzone: “nel cassetto c’ho più sogni che mutande!” In fondo per arrivare ad un obiettivo ci vuole un mix di cose: studio, dedizione, voglia, sicuramente fortuna e CREDERCI. Crederci è l’ingrediente che poi le lega tutte insieme; Qualcosa, Qualcuno nell’Universo dovrà sentirci prima o poi. Incrocio le dita e continuo a sognare. Ancora.
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