Diamo il benvenuto a Marcos Cortellazzo su Fuori La Scatola per questa nuova intervista! Marcos, il tuo nuovo singolo “I Capodogli” è una metafora dance-rock che parla dell’adattamento. Puoi raccontarci come è nata l’idea di utilizzare i capodogli e il loro modo di dormire come simbolo di adattamento?
Ciao e grazie! Ho scelto i capodogli proprio perché hanno un loro modo del tutto particolare di dormire, appunto in verticale. Questo si legava bene con il concetto dell’adattamento, che può essere diverso per ognuno di noi in base alle situazioni. Momenti che mettono in imbarazzo alcuni, divertono altri, spaventano determinate persone e via dicendo. Di conseguenza le reazioni saranno sempre diverse ed ognuno si adatterà a queste situazioni in modo diverso. Nella vita di tutti i giorni questo si traduce nel sapersi ascoltare, per capire se si sta agendo in modo da adattarsi mantenendo intatto il proprio fulcro, il proprio centro di gravità. Altrimenti si rischia solo di essere delle bandiere al vento.
Il brano descrive un viaggiatore che deve adattarsi a una nuova vita, simile ai navigatori del XV secolo. C’è un’esperienza personale che ti ha ispirato questa storia, oppure si tratta di una metafora più generale sulla vita e le sue sfide?
C’è un monumento a Lisbona, il monumento degli scopritori. Vedendolo dal vivo mi ha emozionato, ho immaginato queste persone che partivano verso nuove terre sconosciute. Ci voleva davvero una grossa dose di coraggio per affrontare l’ignoto. Quindi le due cose si mischiano: questa osservazione dal vero mi ha fatto poi pensare, nel tempo, a come tutti ci troviamo di fronte a momenti in cui serve del coraggio per affrontare l’ignoto. L’adattamento qui ritorna, perché conoscendosi e avendo fiducia in sé stessi, sapremo che andremo ad affrontare ciò che ancora non conosciamo con gli strumenti interiori adatti, adattandoci a modo nostro.
Nella tua musica mescoli influenze brasiliane e italiane. In che modo queste radici culturali diverse hanno influenzato la creazione di “I Capodogli” e il suo particolare sound dance-rock?
Il fatto delle mie origini va e viene. Ascolto ancora oggi musica brasiliana, da piccolo a casa mia i miei genitori mettevano Gilberto Gil, Gal Costa, Tom Jobim, e via discorrendo. Sono arrivato ai diciott’anni non sapendo molto di De Andrè o Battiato, ma molto di tropicalismo e bossa nova. Nei miei pezzi non credo ci siano caratteristiche tipicamente brasiliane, o almeno per quello che si aspetta la gente, dato che ci sono fior fiori di artisti rock, punk ed elettronici brasiliani che non usano ciò che ci si aspetta tipicamente nel mondo da parte un artista brasiliano.

Il singolo esplora il tema dell’adattamento senza snaturare la propria essenza, paragonandolo all’acqua che cambia forma ma non la sua natura. Come hai affrontato personalmente il tema dell’adattamento nella tua carriera musicale e nella tua vita?
Ho capito nel tempo che bisogna fluire, più che contrastare. O almeno cercare un equilibrio tra il fatto di sapere quando contrastare e quando no. Non c’è nessun trucco, serve solo affrontare la vita appunto come fa l’acqua, che rimane acqua nonostante la forma del bicchiere. Tengo molto a mettere l’accento sul fatto di mantenere saldi i propri cardini interiori, perché altrimenti si rischia di perdersi e non capire più chi siamo. L’adattamento non è passivo, non è solo fare ciò che mi si chiede, oppure accettare il fato in modo remissivo. Io lo immagino più come il pongo, quello di quando giocavamo da bambini: si modella in base a chi siamo, creiamo noi la forma che più ci rispecchia.
La metafora del mare blu e profondo rappresenta l’ignoto e le nuove sfide. Come riesci a mantenere la fiducia in te stesso di fronte all’incertezza e quali consigli daresti a chi si trova a dover affrontare situazioni sconosciute?
Buttarsi! Ma con un paracadute. Il paracadute della conoscenza di sé stessi. Torno spesso su questo argomento, perché prima di affrontare qualsiasi nuova situazione, anche io mi sento un po’ bloccato e la testa inizia a cercare motivazioni che mi faranno desistere. Ho avuto compagni di viaggio, nelle mie vecchie band, che ringrazio per avermi mostrato più volte come ci si possa buttare e poi aggiustare il tiro! Io sono uno di quelli che deve avere tutto pronto al 101% prima di fare un passo, per questo ho lavorato molto sul fatto di abbandonarsi un po’ all’ignoto delle cose. Quindi pensate che la vita è davvero qui, in questo momento, e anche la vostra scelta di non affrontare l’ignoto, in un certo senso, è comunque una decisione che porterà a dei risultati. Saranno questi attinenti a voi stessi? Rispondetevi.
Lasciamo l’ ultimo spazio dell’ intervista al nostro ospite. Puoi ora lanciare un tuo messaggio o rispondere alla domanda che avresti voluto ma non ti è stata fatta!
Il tuo quadro preferito? La zattera della medusa di Gericault.

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