Bentornato su Fuori La Scatola a Leonardo979. “Canzoni per nessuno” segna il ritorno di un progetto nato 15 anni fa. Cosa ti ha spinto a riprendere in mano questi brani e a dar loro nuova vita in questo momento della tua carriera?
Ciao e intanto grazie per questo spazio e la possibilità di raccontare cosa c’è dietro queste canzoni.
I motivi sono diversi più e meno pragmatici anziché filosofici… 4 brani erano già editi, ma per motivi che non sto qui a raccontare sono stati spubblicati dagli store.
Nel frattempo mi sono appassionato di produzione musicale, e quindi mi è sembrata cosa giusta rispolverarli con qualche tecnologia un po’ più attuale e renderli di nuovo disponibili online.
E in questo passaggio ho colto l’occasione per integrare quel discorso artistico con altri gli altri due brani che completano l’EP: uno (Fango) scritto quasi subito dopo la pubblicazione, quindi nella mia testa da sempre legato al concept; mentre “Ma la vita è un’altra cosa” è la chiusura del cerchio.
L’album esplora temi come isolamento, rifiuto e disillusione. Quanto di questo è legato alla tua esperienza personale e quanto, invece, alla visione più universale di una generazione?
E’ l’album scritto da un trentenne cresciuto con il grunge e con l’alternative rock ’90, che ha visto suicidarsi o decadere quasi tutti i suoi idoli, portando alla domanda se poi fossero davvero tali.
Non posso parlare per una generazione, ma almeno a me questo fatto ha aperto gli occhi anche troppo presto.
Se estendi il discorso ti rendi conto che trovare qualcosa di vero è davvero difficile. Ti guardi intorno, ti guardi allo specchio e non trovi il mondo che ti avevano fatto credere, e non sei diventato quello che sognavi o per cui hai studiato o lavorato;
hai abbastanza vita dietro da cominciare a capirci qualcosa, e tanta ancora davanti, ma tutta in salita. Insomma l’album grida la frustrazione, il disagio di quella fase tra giovinezza e età adulta… in cui capisci che i tuoi sogni difficilmente si realizzeranno…
ormai sei grande, puoi adeguarli al’ambiente circostante, chiamarli asetticamente “obbiettivi” e continuare a spingere, ma sempre senza nessuna garanzia di successo.
I brani di questo album, soprattutto “Decadenza” e “Jack”, sembrano fotografare uno stato d’animo in bilico tra ribellione e introspezione. Qual è stato il processo creativo dietro testi così intensi?
In Decadenza come dicevo prima c’è il rifiuto verso il mondo esterno e verso tutto quello che ci appare un cliché. Musicalmente può volutamente far pensare agli ACDC… con una certa ironia: un pezzo contro il “già visto e già sentito”, fatto proprio in quel modo!
Jack è lì da anni a un passo dal confine aspettando l’occasione giusta per svoltare: è l’impersonificazione del concept visto in terza persona. Sono io, sei tu… è quello che ogni notte pensa “domani vado”, e poi ogni mattina non ci riesce.
Cielo su Belgrado, l’ho scritta proprio lì, d’Inverno. Trovarsi lì nei primi anni 2000, senza navigatore, senza cellulare, alfabeto cirillico… tra palazzi tutti uguali e strade innevate…. tutto bianco e grigio… Uuno scenario lunare.
E’ la fotografia urbana di questo stato d’animo che permea l’album: una bellezza che tuttavia esiste, ma sopita sotto la neve, oscurata dalla nebbia. Mi dicono che sembra un pezzo dei Subsonica.
Nella mia testa, è la mia 1979 degli Smashing Pumpkins, e la neanche troppo celata citazione nel ritornello lo rimanda chiaramente.
Quasi randagio è invece l’introspezione, un dialogo infinito con l’io più profondo, un flusso di coscienza che non ha senso spiegare a parole, perchè non le saprei trovare.
Ai 4 pezzi si aggiunge Fango. Siamo fatti di terra, di acqua… ho immaginato che lo siano anche i nostri sentimenti; e che tutto cola in una pozzanghera sporca con tutte le emozioni belle o brutte che siano. E noi lì a rimestarci con le mani sporche, prima che arrivi il sole a seccare tutto… “dove poi crescerà l’erba e correranno i cani”.

“Ma la vita è un’altra cosa”, il singolo inedito, chiude simbolicamente il cerchio del progetto. Come descriveresti il percorso che ti ha portato a scrivere questa canzone e cosa rappresenta per te oggi?
Esatto, “ma la vita è un’altra cosa” è la risposta agli altri 5 pezzi… con parole che ci ho messo 15 anni per trovare, in un raro momento di isolamento (“quando il telefono non prende”)
che mi ha permesso/costretto a fare il punto su quanto intercorso tra le prime canzoni e questa…
Alla fine è tutto soggettivo, possiamo trovare bello nel brutto e viceversa…il colore delle lenti con cui vediamo il mondo, a volte ce lo imponiamo noi… e vediamo le cose e il tempo in modo distorto. Passano cento giorni e ti sembra di averne vissuto davvero uno solo…
E invece no: la vita è un’altra cosa, e “il senso è uno spiraglio di uno strappo nel sipario”, ma soprattutto, (collegandomi a Fango): “Siamo cani, e come cani, la felicità è in un morso”.
L’album ha radici profonde nel grunge e nell’alternative rock degli anni ’90, un’epoca che ha influenzato profondamente molti artisti. Quanto di quel periodo vive ancora nella tua musica e come si integra con la tua maturità artistica attuale?
Stilisticamente ci sono dentro con tutte le scarpe! Anzi ho quasi paura di non saperne uscire!!!
Sul grunge, mi riporti alla prima domanda.
A livello personale, ho iniziato a suonare perché volevo essere Kurt; poi vedi la sua fine, e di tanti altri, non ultimo Chris Cornell… e pensi “avevano realizzato il loro sogno, eppure erano comunque infelici” e non ti spieghi che senso abbia tutto ciò.
A livello macro, il grunge con due accordi ha spazzato via tutto… e di mainstream non c’è stato più niente come rock “suonato” dopo.
Sicuramente nulla di così sincero.
Ti dovessi dire, il grunge non è nemmeno il mio genere preferito, ma ne apprezzo e rispetto la nudità, la sincerità… la verità… che poi è quello che cerco quando scrivo canzoni.
Le scrivo per cercare di spiegarmi quello che non capisco.
Lasciamo l’ ultimo spazio dell’ intervista al nostro ospite. Puoi ora lanciare un tuo messaggio o rispondere alla domanda che avresti voluto ma non ti è stata fatta!
Non mi hai chiesto il motivo del titolo dell’album!
“Canzoni per nessuno”… ma certo! A chi mai potrei dedicare queste canzoni che sono dei veri e propri calci in faccia. Mi viene in mente una battuta dei Simpson (niente…non c’è verso di uscire dai 90!) “il blues non serve a farti stare meglio…serve a far stare male chi ti ascolta!”.
C’è anche dell’ironia… guardo i miei numeri su Spotify e mi chiedo…ma per chi è che perdo tutto questo tempo a comporre, suonare, produrre, etc ?
Ti ringrazio ancora, e vorrei solo invitare tutti ai miei live, a Roma il 13 giugno e il 18 luglio. Troverete sui miei social tutte le info…ovviamente repertorio anni 90!
Lì non sono canzoni per nessuno! Dal vivo più siamo più ci divertiamo.

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