Benvenuto Kiki su Fuori La Scatola per questa nuova intervista! Il titolo dell’EP, “José”, sembra portare con sé un forte significato simbolico. Cosa rappresenta per te questo nome, e in che modo si lega al tema del sogno e della libertà che esplori nell’EP?
José rappresenta la figura del sognatore, un semplice ragazzo che vuole partire per il mare, con tutta la sua inesperienza, affrontando i rischi e i pericoli che ne conseguono. In particolare si collega al tema della libertà perché lui si sente oppresso dalla madre e dai coetanei che lo prendono in giro. Il suo unico modo per sentirsi libero è stare sulla barca, in pace, con sé stesso, lontano dai problemi.
Nel brano “José”, racconti di qualcuno che sceglie di partire nonostante i rischi e i legami. Quanto di questa storia è autobiografica e in che modo il tema della libertà personale si intreccia con la tua esperienza artistica e umana?
Nulla di questa storia è autobiografica se non lo sfondo concettuale sopra descritto; sicuramente anche io mi reputo un continuo sognatore e spesso mi abbatto e mi scontro con gli ostacoli della realtà quotidiana che mi spengono e a volte hanno la meglio sulla mia voglia di spaccare. Il tema della libertà è molto complicato e credo sia connesso all’indole e alla passione di ciascuno di noi. Solo in questi momenti di realizzazione della nostra passione, che nel mio caso è sia la musica che l’attività di educatore, noi siamo al cento per cento liberi e privi di pressioni sociali.
L’EP alterna momenti di malinconia a sfumature di leggerezza, come vediamo in “Quattro minuti”. Come hai deciso di bilanciare questi stati d’animo contrastanti all’interno del progetto? Cosa speri che l’ascoltatore percepisca da questa alternanza?
Vorrei dare all’ascoltatore questa sensazione di conflitto interiore, di dilemma morale, l’EP è infatti pieno di domande nei testi, che mi autopongo tramite i personaggi di cui scrivo. La chiusura di “Quattro minuti” è un invito a lasciarsi andare e a sospendere momentaneamente questo conflitto.
“Sette e un quarto” sembra essere un flusso di coscienza profondo e intenso. Qual è stato il processo creativo dietro questa traccia? Come hai lavorato per trasmettere l’idea dei sogni irrealizzati e del peso di certe aspettative?
“Sette e un quarto” rappresenta il momento più negativo dell’EP. Il ritornello dice: “Siamo solo noi che lasciamo le ali nel cassetto dei tuoi sogni”, il brano rappresenta il momento di abbandono nella realizzazione del proprio sogno. La canzone è stata scritta di getto seguendo il flusso di pensieri che avevo in quel momento.
In “Lacrime al coperto” esplori la storia di una ragazza che sogna di diventare cantante ma fatica a credere in sé stessa. Pensi che il dubbio e l’incertezza siano elementi inevitabili nel percorso verso il raggiungimento dei propri sogni, o c’è un messaggio di speranza che vuoi trasmettere?
Penso che tutto questo “rimuginare” sulla realizzazione o meno dei propri sogni che torna nell’EP, sia un’esagerazione e un sintomo di incertezza e di bassa autostima. Da una parte il dubbio e le incertezze sono inevitabili, dall’altra l’EP vuole marcare questa esagerazione di questi pensieri tormentati, che infatti si chiudono positivamente con “Quattro minuti” che vuole sospendere il giudizio interiore e invita a “svagarsi”.
Lasciamo l’ ultimo spazio dell’ intervista al nostro ospite. Puoi ora lanciare un tuo messaggio o rispondere alla domanda che avresti voluto ma non ti è stata fatta!
Vorrei spiegare una barra di cui non ho ancora parlato. Nel ritornello di “Sette e un quarto” dico: “Potresti realizzare che siamo anche noi sogni ma non lo faremo mai”. L’invito all’ascoltatore qui è quello di realizzare la preziosità di ognuno di noi e il fatto che la nostra vita è già il sogno di magari tante altre vite, di altre persone più sfortunate di noi. L’invito è di concentrarci su quello che abbiamo, che spesso è molto prezioso e molto di più rispetto alle poche cose che ci mancano. 🙂 Grazie.
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