“Sign Language” è un pezzo introspettivo che fonde generi come trip-hop, dark pop e shoegaze, un nuovo capitolo per il duo di base a Milano, i Not My Value, disponibile su tutte le piattaforme digitali da venerdì 18 ottobre 2024. La canzone, un brano che riflette sul tempo, sul crescere, sul ritrovarsi, sul riguardare il passato da una prospettiva diversa e confrontarlo al presente, evoca un’atmosfera misteriosa e malinconica, che ricorda artisti iconici come Portishead, Massive Attack e Mazzy Star.
Noi volevamo conoscerli meglio, e ci siamo fatti raccontare il loro incontro con Lele Battista e come sta andando in questo mondo ostile.
Come nasce la vostra collaborazione con Lele Battista, e che tipo di contributo ha dato al vostro progetto musicale?
Grazie al fonico e amico Francesco Ciccio Ingrassia siamo arrivat nello studio Le Ombre di Lele Battista la prima volta per registrare questo pezzo. Abbiamo subito trovato una sintonia unica.
Lele ha curato la registrazione e la direzione della traccia e Ciccio ha mixato e masterizzato il tutto.
Abbiamo poi deciso di registrare anche i 2 EP che usciranno il prossimo anno. Lele con la sua sensibilità artistica è riuscito ad evolvere i nostri pezzi, a migliorarli sotto tanti aspetti, la cura dei suoni in pre, la scelta di usare principalmente pedali eetto e non plugin, tutte scelte che abbiamo condiviso dall’ inizio.
Abbiamo imparato tantissimo da quelle due settimane, sia in maniera tecnica ma soprattutto abbiamo capito che tipo di approccio vogliamo avere con la musica, sincero, vero.
Siete un progetto musicale indipendente, ma siete eettivamente da soli? Quali sono le altre figure professionali che attualmente vi stanno supportando? E che cosa vi manca oggi perchè siate “al completo”?
No non siamo soli, anzi abbiamo un super team che ci aiuta e supporta sempre. E’ una bella occasione per poterne parlare. Abbiamo un art director, Christian Boragine, che collabora con noi dall’inizio e ci aiuta con la parte estetica quindi tutto quello che riguarda grafiche, copertine e merch. Si è occupato lui anche di creare i visuals che proiettiamo durante i live.
Poi c’è Lorène Lola Cicognani che è una ragazza italo francese che ha iniziato a collaborare con noi per la parte di booking in Francia ma pian piano è entrata sempre di più nel progetto e ci sta facendo da manager. Marco Badini ci sta aiutando a sistemare tutta la parte audio per i live, mixare le sequenze e controllare che tutto funzioni al meglio.
Paul Andrew Roberts, anche lui musicista (componente degli YetToCome), è un amico italo americano che ci ha dato consigli e suggerimenti preziosi per migliorare la pronuncia dei testi in inglese durante le registrazioni in studio. Sarah Rubbera è una fotografa che ha collaborato con noi per l’ultimo shooting. Le foto che stiamo pubblicando in questo periodo sono sue. E ovviamente citiamo Francesco Ciccio Ingrassia e Lele Battista di cui vi abbiamo già parlato prima.
Com’è nato uffialmente il progetto Not My Value?
Not My Value è iniziato per gioco, o almeno così ci diciamo da quando abbiamo pubblicato la prima cover “Any Word”, ma se vogliamo psicoanalizzare il percorso fino ad oggi, possiamo dire che Not My Value è nato per necessità.
C’è stato un momento in cui la musica non ci dava più le stesse emozioni. Poi, per gioco, ci siamo ritrovat a suonare insieme: tutto è iniziato in modo molto spontaneo, in salotto suonando con una drum machine e un po ‘di synth. Non avevamo un piano preciso, semplicemente seguivamo il flusso e ci lasciavamo ispirare dal momento.
Not My Value è nato dalla voglia di ritrovare la nostra passione e di creare qualcosa di nuovo. È stato come una rinascita creativa per entrambi.
Avete avuto modo di esibirvi anche all’estero? Come pensate funzioni la scena e il mercato musicale all’estero, rispetto all’Italia?
Purtroppo no ma stiamo programmando di fare un tour in Francia il prossimo anno.
Riguardo al mercato musicale all’ estero, abbiamo avuto la possibilità di fare un tour insieme come Backliner e Regista con i The Pineapple Thief in cui abbiamo visto tanti club in tutta Europa. Ovviamente non siamo al loro livello per permetterci di suonare in quei club ma in generale abbiamo visto un’attitudine diversa alla fruizione della musica, sia da parte dei gestori che anche del pubblico.
All’estero, gli artisti hanno più chance di vivere della loro passione. Ci sono molte più iniziative che supportano la creatività e la produzione musicale.
A Milano vi sentite comunque a casa, nonostante tutto?
Pensiamo che Milano sia una città non città, come se non avesse un’ identità unica. È talmente eterogenea che è impossibile descriverla in poche parole. Questa ricchezza di moltitudini è una delle cose che preferiamo di Milano. Questa città, con i suoi numerosi eventi e concerti, ti da l’opportunità di arricchirti, di creare legami, di condividere passioni e interessi con tante persone diverse e provenienti, non solo da ogni parte d’italia, ma dal mondo intero.