É uscito venerdì 2 febbraio 2024 su tutte le piattaforme digitali “Cerebal Surge OST“, il nuovo album del compositore e pianista Alberto Mancini (Deaf Kaki Chumpy, Motel Kaiju), colonna sonora del videogioco omonimo: un frenetico sparatutto ambientato in una città 3D in uno scenario post apocalittico.
Il videogioco racconta anche la storia di una setta che ha conquistato il mondo, da qui Alberto Mancini ha pensato di creare una colonna sonora partendo da alcuni cardini della musica sacra, ma anche ispirandosi avideogiochi ad alta tensione come “Ultrakill” o “Doom“. Il risultato è una colonna sonora intensa che mescola chitarre dall’influenza heavy metal, organi, cori, batterie e glitch elettrici.
Abbiamo deciso di parlare con lui del suo rapporto coi videogiochi, Milano e molto altro!
Come è nata la tua collaborazione con i creatori di Cerebral Surge? Avevi già altre esperienze del genere?
Al Conservatorio di Rovigo, dove ho studiato Musica Applicata al master, mi hanno selezionato per andare a fare una specie di stage alla Brunel University, a Londra, dove abbiamo prodotto dei videogiochi per la Octopus 8. Il risultato di quei due meravigliosi mesi sono stati tre videogiochi, e Cerebral Surge è uno di questi.
Eri già un appassionato di videogiochi? Quali?
Quando ero piccolo i miei genitori non mi hanno mai permesso di avere delle console. I miei amici avevano la prima, la seconda playstation, il primo gameboy, e io potevo giocarci solo quando andavo a casa loro. Era una cosa speciale. Quando cominciai ad avere i primi lavoretti, o la “paghetta”, cominciai a mettere da parte dei soldi e ho potuto comprarmi il mio primo gameboy (quello piegabile! Un sogno.) e poi la mia prima xbox. Devo dire che il mio rapporto con i videogiochi è diventato morboso: il mondo era molto difficile per l’Alberto adolescente, e i videogiochi erano una specie di isola felice. Poi crescendo me ne sono un po’ allontanato, e ad oggi non gioco più. L’unico motivo per cui non lo faccio è che sono sicurissimo che se cominciassi non smetterei più. Per me i mondi di fantasia sono una cosa meravigliosa ed è un attimo perdercisi dentro. Meglio non rischiare. Ho una carriera costruire!
La tua esperienza nei progetti Deaf Kaky Chumpy e Motel Kaiju ti ha influenzato in qualche modo nel tuo processo creativo?
Beh, con I Motel Kaiju la mia esperienza è quasi tutta da esecutore, anche se mi è capitato di rubar loro un paio di atmosfere per uno spettacolo di teatro! I Deaf Kaki Chumpy invece è stato il primo gruppo per il quale ho scritto! E non si tratta di canzoncine, ma di brani lunghi e complessi, al limite dell’orchestrale. Avere 18 musicisti fra cantanti, fiati, percussionisti, chitarristi etc è una grandissima palestra, e tutt’ora porto con me quella esperienza in tutto quello che faccio.
Ci racconti qualcosa della scena musicale a Zurigo? Sei riuscito a individuare qualche locale o qualche gruppo che puoi segnalarci?
Vi dirò, non è che ci abbia capito molto. Essendo che è una città non grandissima (meno di Genova) e non avendo un tessuto sociale solido, non è che artisticamente possa svilupparsi una scena con una grande identità. Ci sono tanti concerti, ma raramente si trovano musicisti locali. Poco tempo fa sono andato una sera a una festa di una radio dove c’erano diversi artisti di Zurigo, ma nessuno particolarmente esaltante. Se volete ascoltare qualcosa, vi lascio il link a quest’album, che ha vinto “miglior album” secondo questa radio locale. Date un’occhiata qui.
Io bazzico per lo più le jam session, essendo io un pianista di jazz, ma trovo che la scena jazz sia di più basso livello che a Milano, per non parlare di Napoli o Roma.
Quindi la mia impressione finora è molto frammentata; a scuola, la ZHdK, la scuola delle arti, ci sono tanti artisti, e c’è tanta offerta di musica classica, contemporanea, antica, elettronica. È un mondo meraviglioso e a volte faccio fatica a vedere tutte le esibizioni che mi interessano!
E adesso?
E adesso si lavora! Sono ancora qui fino a giugno e poi chissà. Forse continuerò a studiare ancora per un po’, oppure comincerò effettivamente la mia carriera da compositore. In Italia? A volte, a vedere quanto mi manca la pizza, spero di sì.