Intervista: I Temporali ci racconta il loro EP di debutto “Tre stagioni, la vita sognata, la vita vera”

TRE STAGIONI. LA VITA SOGNATA, LA VITA VERA è il debut EP de I Temporali, nuovo progetto alt-folk di Filippo Ghiglione. Un ritorno alle radici dopo anni passati con il moniker f o l l o w t h e r i v e r e un grande cambiamento per il cantautore ligure, con testi per la prima volta in italiano, senza dimenticare le atmosfere musicali già precedentemente esplorate. 

Questo EP parla di una stanza, un piccolo posto da arredare con cura e da fare proprio per tre stagioni, sette mesi e duecento giorni. Sei piccoli passi, sei canzoni da tenere strette da qualche parte dentro al cuore, per coltivare il dolore scaturito da una separazione. Il lutto, la perdita, il disorientamento. E poi, dentro questa stanza, imparare a fare di questo dolore qualcosa di proprio, farne una parte di sé. E finalmente uscire fuori.

L’EP si compone di sei piccole canzoni seminate così, come piccoli pezzi di un puzzle, e spogliate di tutto, fatte solamente di una chitarra, qualche sovraincisione vocale e una voce, vera protagonista con la sua emotività, insieme alle parole che la accompagnano.
Ritrovare la propria voce, ritrovare sé stessi e capire che casa nostra, e quella piccola stanza, in fondo siamo noi, dovunque andiamo e dovunque andremo.

Un progetto a nostro parere imperdibile che meritava molto più spazio.

Come mai hai sentito l’esigenza di separare “la vita sognata” e “la vita vera”? 

Ciao “Fuori la scatola”, grazie per le belle domande e soprattutto per questa, davvero molto interessante! Ho deciso di separare queste due vite in due canzoni distinte, inserendole rispettivamente all’inizio e alla fine del disco e riportandole anche nel titolo stesso del disco, per sottolineare l’apertura e la chiusura di un cerchio, proprio in corrispondenza dell’uscita di questo lavoro. 

La vita sognata, che è ispirata a una poesia di Antonia Pozzi, rappresenta il vivere ancora immersi in una condizione di speranza proiettata, di immaginazione, un passaggio necessario per poi arrivare a La vita vera, ovvero la presa di coscienza del dover lasciar andare per potersi ritrovare.

Quali sono i tuoi riferimenti folk per questo disco? 

Uno dei miei punti fissi musicali sono sempre stati i Bon Iver e il modo di Justin Vernon di scrivere le melodie vocali e di interpretarle, soprattutto il suo modo di intendere il falsetto. Ma volevo anche che fosse un disco molto spoglio, nudo, cantato con una voce che risaltasse l’emozione, come nei dischi di Nick Drake per esempio. Infine, rimanendo in territorio italiano, il disco Una somma di piccole cose di Niccolò Fabi è sicuramente un grande riferimento.

E quanto c’è del tuo precedente alter ego “followtheriver” qui dentro?

Direi che non c’è nulla e c’è tutto contemporaneamente!  Dopo questo incipit piuttosto paraculo, la realtà è che ho pensato a questi progetti come parte di un percorso parallelo che partisse però da origini musicali simili, quindi sicuramente le references a livello puramente compositivo sono le stesse sia per f o l l o w t h e r i v e r che per I Temporali, forse nel secondo con una deriva ancora più “acustica”.

Dici che le sei canzoni che compongono il tuo primo EP sono “sei piccoli pezzi di un puzzle”. Ci racconti il quadro più grande?

L’EP si chiama Tre stagioni. La vita sognata, la vita vera perché parla appunto di tre stagioni specifiche, ovvero la primavera, l’estate e l’autunno del 2021. In questi mesi queste canzoni, e più in generale questo progetto, sono nate e sono state seminate dentro una piccola stanza che ho dovuto costruire per superare una separazione, una sorta di “lutto emotivo”. E poi in questi due anni queste canzoni sono germogliate e cresciute, e a un certo punto ho sentito il bisogno di lasciarle libere e al contempo di lasciare quella stanza che ho arredato con cura per tutto questo tempo.

Come hai selezionato i brani per “I Temporali” e come credi siano legati, tematicamente o non, tra di loro? Ne hai lasciati altri nel cassetto?

Non ho lasciato altri brani del cassetto, se non qualche incipit o bozza accennata. Sono brani che appunto seguono un filo conduttore emotivo che lega a doppio filo ogni canzone alle altre, e al contempo anche a quel periodo ben preciso di cui parlavo prima. È come se fossero un riassunto di come mi sono sentito, di quello che ho provato, di quello che ho immaginato e alla fine di come sono uscito da quel piccolo posto in cui ho vissuto in quei mesi e in questi anni, e di come quel piccolo posto in qualche modo sia rimasto dentro una parte di me.