7 nuovi brani italiani per la vostra estate, che vi faranno innamorare della scena indipendente!

Vi portiamo ancora una volta nei localini fumosi, nelle playlist che non sono firmate da Spotify, sulle note che non vi consiglia nessuno. Ci piace pensare che la musica migliore sia nascosta, come la frutta che non si trova al supermercato ma sugli alberi dei nostri vicini, sia da scoprire, conoscere, avvicinare, annusare. Non sappiamo se avete un naso ben allenato, e nel caso la vostra sia una settimana abbastanza pigra, abbiamo deciso di riunire qui sette brani che ci hanno conquistato, uno per ogni giorno della settimana.

E tre, due, uno…

“dov’è casa” di JIGAMMA

Qualcosa che assomiglia a Jigamma, proprio non riusciamo a trovarvelo, perchè è un concentrato di R’n’B, rap, ma anche influenze jazz (che a volte ci sembra di essere alla Corte Dei Miracoli a Milano, o in un localino di New York sperduto in mezzo al Queens), ma anche cantautorato, e la sua voce è fantastica, genuina, diretta, che ci sembra di conoscerla e riconoscerla tra mille. E da pochissimo ha pubblicato il suo nuovo singolo “dov’è casa“, un piccolo e silenzioso manifesto per i fuori sede, quelli che tornano tutti i weekend e poi, senza che accada niente, si ritrovano invece a non tornare più, solo per Natale, a volte, se i coinquilini non hanno organizzato niente che possa offrire una valida alternativa.

dov’è casa” parla di questo, racconta del prendersi un momento per accettare il fatto che non sempre un luogo può bastarci e va bene così. Imparare a capire che la nostra vita possa anche essere slegata dal posto in cui siamo cresciuti, che possiamo sognare anche (e soprattutto) altrove, ma allo stesso tempo rimanere visceralmente legati ai luoghi che ci hanno formati. L’amore per il viaggio, che è la vita, è la chiave per leggere questo brano, che segna un punto di svolta nella mia carriera, verso nuovi orizzonti, diversi da quelli Jigamma si era abituata.

Per la vostra estate afosa a Milano, Bologna, Roma o ovunque state studiando, per voi che non tornate mai e non capite perchè, che state male e avete sempre una birretta in mano e vi manca la pasta di casa, a voi che state bene, nonostante tutto, e che non sapete più dov’è casa.

“Milleocchi” di Nudda
Nudda è una star internazionale, con quell’andamento malinconico e silenzioso che non può che competere con la cassa dritta dei grandi tormentoni estivi, quelli che sentiamo da Dua Lipa sul palco del Primavera Sound, che viviamo nelle radio, con quel sapore dolce amaro dell’ennesima birra in spiaggia, che forse ci ha stufato, perchè siamo sempre a disagio, se non nella nostra cameretta. Un brano che ci prende allo sterno, che ci fa ballare, che ci fa pensare all’inverno e a tutto ciò che vorremmo riprenderci, prima di questi mesi che invece ci esporranno, inevitabilmente alle persone, alle feste, a tutto.

Milleocchi” è un intenso racconto fatto di immagini e sensazioni che mostrano come si può entrare a contatto con le parti più nascoste di noi, anche se questo significa avvicinarsi con le paure che abbiamo. Tra sonorità che uniscono club, deep house e pop elettronico, nudda affronta le proprie paure, sia nel rapporto con gli altri, che quando ci si confronta con se stessi.

“Cani randagi” di Marco Cesarini & Henry McLusky

E si sa, estate porta con sè anche i gialli da spiaggia, i thriller che non leggeremmo mai durante il resto dell’anno, i noir da bancarella. E noi che non abbiamo frequentato le librerie, ci ritroviamo a leggere tutti i libri di Maigret, con le infradito, sulle panchine nelle pinete della riviera Adriatica. E, forse qualcuno doveva dirlo, che cosa sia noir è davvero ben chiaro nel cinema e nella letteratura, ma nella musica decisamente no. E qui ci è venuto in soccorso Marco Cesarini. E ora che siete arrivati in spiaggia, e vi siete consumati tutto il suo nuovo romanzo di Joel Dicker, chiudete gli occhi, assorbite la desolazione di “Cani Randagi”, la scelta che abbiamo fatto per voi dal suo ultimo album (“Chi è Antelope Cobbler?“). Benvenuti nei locali fumosi degli anni Cinquanta, sentitevi un sax sinuoso che vi accompagna per mano verso la scena del crimine. Un piccolo esperimento che più che ad un genere fa riferimento ad un mood, dannatamente bene.

Chi è Antelope Cobbler?” è infatti un disco dalle atmosfere à la David Lynch, artista che è stato una forte influenza e presenza determinante sulla decisione di scrivere questo disco. Tutto è iniziato con un rewatch della serie Twin Peaks. Il disco è stato mixato e masterizzato da Marc Urselli, fonico storico che vive e lavora a New York (East Side Sound Studios). 

“Fantasmi” di Miele

Vogliamo regalarvi anche un’estate malinconica, di quelle che si ricordano tutta la vita, di quelle che ci accompagnano con pensieri ossessivi e silenziosi (una storia conclusa che conclusa non lo è per niente?), e non possiamo che farvi recuperare un disco di Miele, un disco passato in sordina come tutte le cose più belle, a infiltrarsi come una perla nelle ostriche impigliate negli scogli, reti e fessure. Un album multiforme, che si stratifica di generi ed influenze e risulta inevitabilmente autobiografico, un disco che nasce dall’urgenza di mettere ordine, ma che rivela che vita e ordine non possono andare d’accordo. Miele rivela e accetta così finalmente i suoi molti volti, in questo viaggio semplice e complesso allo stesso tempo, dove ogni singola canzone finisce per essere indispensabile per tutte altre.

E di questo disco vi portiamo l’intro, un urlo sussurrato e disperato di chi vuole dire tanto, di cui vuole dire tutto, ma che inevitabilmente finisce per nascondersi, a parlare con i fantasmi. Non sappiamo se state vivendo una di quelle estati, uno di quei momenti di solitudine estrema, ma questo disco potrebbe davvero aiutarvi. Miele è una cantante e paroliera incredibile, che riesce a confezionare un manifesto generazionale: come un libro di Sally Rooney portato al mare, come il messaggio della vostra migliore amica al momento giusto, come il compleanno dei vostri Trentanni che, per qualche momento, non avete vissuto al meglio, come ritrovarsi improvvisamente da soli, e scoprire di stare incredibilmente bene.

Non abbiate paura dei vostri fantasmi.

“Bittersweet” di Martina Di Roma

Un altro nome femminile che dovreste davvero aggiungere alle vostre playlist estive. Ci immaginiamo un film italiano, di quelli che amano all’estero, di quelli che ci rendono magici e romantici, come Call me by your name, dove l’estate italiana è la migliore che possiamo immaginare. La colonna sonora della storia di questa ragazza spezzata a metà, timida e lontana, è questo brano, il primo pubblicato da Martina Di Roma. Un piano sinuoso e complice, e una voragine interiore trattata con delicatezza, come una mattina estiva di quelle che ci vedono in città, con tutti lontani che non si ricordano neanche di scriverci un messaggio. La solitudine può essere anche agrodolce e spensierata, magica ed estetica, come questo brano.

Una battaglia interna, un racconto intimo che racchiude fragilità e paure. La cantautrice di Milano, classe 1997, descrive il brano come “un caos che si manifesta e si fa spazio tra i pensieri per volerci rimanere. È la consapevolezza di poter riuscire a vincere per non rimanere al buio“. Lasciatevi trasportare nel mondo a tinte pastello di Martina Di Roma, tra un pop sofisticato e malinconico e innegabili influenze jazz, dove una voce si intreccia alle note di un pianoforte, complice e magnetico.  

“Dressing The Nonsense” di Anna Soares

E oggi vi accompagniamo anche in un club berlinese, in una serata di fine estate, quando ci siamo già stufati di sole e alghe e non facciamo che cercare i brividi, lontani dai luoghi di villeggiatura, condendoci di nuovi amori, brividi alcolici, e ore decisamente piccole. Ad accompagnarci ovviamente è Anna Soares, anima sensuale della scena elettronica indipendente: e questa traccia è la Grande Bellezza, un momento sfarzoso di perdizione, di lusso, di bicchieri stracolmi, con una cassa dritta e una voce, quella voce, quella delle sirene che hanno fatto impazzire i compagni di Ulisse, che ci hanno convinto a lasciarci andare. Un brano degno di una star internazionale, che invece custodiamo silenziosi, per le nostre follie di fine estate.

Dopo aver esplorato sonorità sperimentali e cupe, adesso abbiamo davanti un album, l’ultimo di cui fa parte anche “Dressing The Nonsense“, fresco, estivo e maturo: la melodic techno è sapientemente miscelata a linee vocali catchy e testi filosofici. La Madre Terra (e da qui anche il titolo del suo ultimo album “Earth) e la sua celebrazione mistica sono il tema fondante di un lavoro poliedrico e sfaccettato, spirituale, ma anche molto corporeo,  nel quale Anna Soares ci regala la sua visione dell’umano e delle sue connessioni con gli spazi, con i corpi, e con le viscere dell’esistenza.

“Milano Couchette” di Forse Danzica e Bleu Smith

Ultimo brano per oggi. La Milano oscura che nasce dall’unione di Forse Danzica e Bleu Smith, quella più assolata e che scioglie l’asfalto, un loop infinito filtrato dall’autotune, come quando ci svegliamo già stanchi, in letargo. Questo brano, un concentrato di nichilismo e vans a scacchi, è la storia di tutti noi che mandiamo tutto a puttane, e che passiamo inevitabilmente l’estate da soli, e che ci ritroviamo solo con le cartacce in tasca. Com’è possibile che riusciamo a perdere tutto, tranne questi dannati scontrini che ci rimangono nelle tasche, anche dopo mille lavatrici?

È un pezzo che parla di auto inganni, stili di vita poco sani, tendenza a perdere il fuoco dalle cose importanti e della sensazione di non credere in niente, nato in una delle tante volte in cui Matteo (Forse Danzica) ha svuotato le tasche dalle cartacce accumulate per pigrizia. Un nuovo brano oscuro e allo stesso tempo dagli aloni scanzonati, dove convivono post-punk e it-pop, per chi vive la frenesia milanese, accumulando cartacce e problemi nelle tasche.

In definitiva, la nostra estate preferita.